martedì 9 ottobre 2012

Quelle scarpe nuove

Questa mattina il Centro di Socializzazione (quasi tutto) si è trasferito al carcere di Portoazzurro. Siamo stati invitati per assistere ad una rappresentazione teatrale dove i protagonisti, un gruppo di carcerati ed un gruppo di attori professionisti di Livorno, si sono esibiti in una libera interpretazione del famoso romanzo di Melville Moby-Dick. E così tutta l'allegra Brigata (come la chiama Pina) si è trasferita dal Centro di Casa del Duca a Portoazzurro con il nostro "vecchio" Pulmino (l' unico, dato le sue ridotte dimensioni, in grado di circolare all'interno delle viuzze del carcere. Non ci dimentichiamo che il carcere, una vecchia Fortezza Spagnola, è stata costruita nel 1500, quando i Pulmini ancora non esistevano). 

l'ingresso della Fortezza


Ma torniamo alla nostra gita. Arrivati davanti alla vecchia Fortezza, così maestosa ed imponente che quasi ti mette in soggezione e ti chiedi: “come hanno fatto nel 1500 a costruirla?” abbiamo aspettato un po’ di tempo e poi a bordo del nostro vecchio Pulmino siamo entrati , seguiti a piedi dalle altre colleghe con i ragazzi arrivati in macchina ed un sciame di “secondini”. Abbiamo occupato le prime file pronti a goderci lo spettacolo, ma Michela, che pensava fosse l'ora di pranzo, gesticolando a modo suo, ha fatto capire di avere fame e ha chiamato a raccolta tutta la famiglia: mamma, papà, nonna ecc. come fa solitamente. Siccome alternava a questi richiami l'imitazione di un maialino, non è stato possibile lasciarla insieme agli spettatori e mio malgrado, ci siamo dovute allontanare per non disturbare lo spettacolo. Per questo motivo di quello che è stata la rappresentazione non ho capito molto, peccato sarà per la prossima volta! Però mentre tornavamo al Centro, ho riflettuto sulle mie sensazioni. Quando sono entrata nel cortile dove è stato allestito lo spettacolo, incuriosita poiché non capita tutti i giorni di andare in carcere (meno male!) ho cercato di capire fra le persone presenti quali fossero i carcerati: non avevano una divisa, ma da qualcosa dovevano pur essere accomunati - mi sono chiesta, mentre scrutavo le persone intorno a me. Il mio sguardo si è soffermato sulle SCARPE: ecco, i carcerati sono tutti quelli con le scarpe nuove, ho pensato: “per l' occasione si sono messi tutti le scarpe nuove!” Ma poi un altro pensiero mi è passato nella testa: “ma che scarpe nuove! I passi che fanno all'interno di una cella o quando possono andare a prendere aria nel cortile, non sono sufficienti per consumare o sporcare le scarpe e quindi rimangono sempre nuove …” E mentre questo pensiero mi balenava nella mente, ho alzato lo sguardo e ho visto l'ultimo piano del palazzo di fronte a noi, con una serie di finestre tutte uguali chiuse da inferriate rugginose, che facevano capire di essere le celle dei carcerati. Dietro quelle sbarre ho intravisto una sagoma umana: è rimasto per poco tempo ed è scomparso, chi era? Forse qualcuno a cui non piaceva lo spettacolo o forse qualcuno che non voleva farsi vedere. Mi sono vergognata di averlo guardato con insistenza, quasi fossi colpevole della sua scomparsa. Mi sono ancora guardata intorno e dietro le mie spalle ho notato altre finestre rotte, vecchie ma senza sbarre; accanto a queste altre con delle persiane nuove, “quelle - ho pensato - devono essere le abitazioni delle famiglie delle Guardie Penitenziarie, anche loro vivono all'interno del carcere”. Quante persone vivono all'interno di questa splendida Fortezza, nata per difendere il territorio Elbano dagli invasori ed oggi ridotta ad uno sfacelo di trascuratezza e di pena! Quanti esseri umani - chi per dovere, chi per colpa - vivono uno di fianco all'altro, uno dipendente dell'altro, dove non si distingue più il carcerato dal carceriere se non per la divisa. Vivono in mezzo all'indifferenza e alla tristezza, che non porta nessun beneficio. Non capisco come mai una nazione come la nostra permetta ancora questa inutile sofferenza senza trovare una valida alternativa che costi meno nel senso sia economico che morale! Togliere la libertà ad un essere umano lo considero un atto immorale ed inutile, spesso con un effetto contrario, ma questa chiaramente è un’opinione personale. Nel nostro piccolo cerchiamo di insegnare ai nostri figli che il rispetto dell'uomo e della sua dignità, anche nei casi più estremi, è sempre necessario. E con questo proposito, siamo arrivate al Centro e tutto ha ripreso il solito trantran! 


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